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La Strada e Riabitare Reggio: “Gli attacchi alla legge 194 ledono i principi costituzionali dell’autodeterminazione, della parità di genere e della salute“

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Dal 1978 ad oggi la legge 194 è stata sottoposta a continue critiche e attacchi. Non c’è da stupirsene, perché si tratta di una legge frutto di dolore e impegno di donne – soprattutto – e uomini che hanno lottato perché i principi costituzionali dell’autodeterminazione, della parità di genere, della salute, della vita stessa arrivassero a un preciso quadro normativo in una società che era (e purtroppo resta) profondamente patriarcale. A soli tre anni dalla sua emanazione, la legge 194 fu sottoposta a referendum abrogativo, promosso dal Movimento per la Vita. Nel 1981 la maggioranza schiacciante delle italiane e degli italiani che andarono al voto dissero in maniera inequivocabile Sì alla legge 194.
Lo spirito della legge, come definito dal Ministero della Salute stesso, ha come “obiettivo primario la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne”.
Campagne mediatiche – che definire oscene e becere è dire poco – non potendo attaccare direttamente la 194/78, come detto già ampiamente vincente su tutti i retrogradi tentativi di abrogazione, propongono messaggi che ne inquinano il senso, che offendono le donne, che lanciano segnali seriamente preoccupanti a danno della Salute Pubblica e della cultura soprattutto delle persone più giovani. Interessanti e accreditati ricerche e sondaggi internazionali rilevano come dietro le campagne dei gruppi antiabortisti si propongano in realtà contenuti e ideologie contrari alla parità di genere in ogni ambito della vita sociale.
Dobbiamo tuttavia interrogarci sul perché tali campagne mediatiche, da terrapiattisti dei diritti civili, possano trovare terreno fertile. È un problema culturale, un fattore sociale che relega i temi centrali della legge 194 a margine del dibattito pubblico, nel mondo scolastico, educativo, nell’intero panorama socio-culturale. Come se ancora, nel 2021, a partire dall’articolo 1, una legge posta a garanzia di diritti fondamentali fosse un segreto di cui vergognarsi. Lo riportiamo integralmente: “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.
Abbiamo il dovere di partire da qui, per un dibattito serio che non porti indietro le lancette della storia, ma le porti avanti. Viviamo in un contesto in cui le donne non hanno assolutamente uguali diritti, in cui messaggi che vogliono porre un controllo sulle donne rischiano di trovare terreno fertile. Lavoriamo insieme – realtà, movimenti, associazioni, istituzioni – per conoscere e adempiere pienamente alla 194/78 e più ampiamente alle politiche di genere nel nostro territorio.
Alcuni quesiti: quanti consultori ci sono; come sono distribuiti sul territorio; qual è il tasso di obiettori; è garantito comunque un servizio che tuteli l’adempimento della legge; quale assistenza sanitaria è garantita alle donne incinte; quali sostegni psicologici e socio-assistenziali sono garantiti alle donne che affrontano le dolorose e complesse vicende legate alla scelta tra aborto o maternità; quali servizi sono garantiti in seguito, soprattutto alle donne sole e indigenti, in entrambi i casi?
Accanto a questo proponiamo un serrato e congiunto lavoro culturale e sociale a partire dalle politiche di genere nel nostro territorio, con alcune proposte per cui ci stiamo già impegnando. In primis una parità di genere che passi – almeno! – dalla composizione della Commissione Pari Opportunità del nostro Comune. E poi, una toponomastica che guardi con parità ai generi. E ancora, una delibera che porti il linguaggio di genere a essere utilizzato dalla nostra amministrazione locale. Di più, una costante azione educativa nelle scuole con contenuti egualitari e nel solco della Costituzione.

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