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Salvini, le sardine e il dovere dell’impegno per la buona politica

Sardine contro Salvini

Sardine contro Salvini

A dispetto di quanti deridono e sminuiscono il grido d’allarme quotidiano di coloro che temono la perdita di Democrazia e denunciano il rischio del ritorno dei rigurgiti fascisti, non passa giorno senza che Salvini, l’uomo che sussurra ai nazifascisti e aspira ai pieni poteri, continui a delineare il suo sogno che l’Italia possa diventare come l’America del Sud dei regimi militari e dell’operazione condor. Ieri, davanti a un’assemblea di poliziotti, ha dichiarato che un altro dei suoi impegni non appena prenderà il potere, sarà quello di abolire il reato di tortura dal codice penale italiano.

Tempestivo, dopo la sentenza del processo Cucchi e dopo tutto quello che si è scoperto della macelleria messicana della caserma Bolzaneto e di tanti altri episodi. Ricordo che la campagna conto la tortura e per l’introduzione di questo reato nel codice penale fu l’ultima in cui fui impegnato come coordinatore regionale di Amnesty International, molti anni fa. Ricordo bene la fatica e le difficoltà di questa campagna. Il reato fu introdotto nel nostro codice solo due anni fa e con una legge di basso profilo rispetto agli standard internazionali. In quel momento, forse non si poteva ottenere di più.

Per chi ha ancora a cuore le sorti di questo Paese ed è ancora convinto del valore della nostra Costituzione fondata sui valori della Resistenza, la preoccupazione non è davvero un sentimento eccessivo. Nel frattempo le piazze si riempiono di giovani “sardine” che vogliono fermare queste degenerazioni, che aspirano a poter vivere in un Paese normale, più buono e più giusto. Questo fenomeno che sta riscuotendo un grande successo riempie il cuore di speranza. Personalmente sono entusiasta di questa rinnovata passione politica in tanti giovani.

Le piazze tornano a riempirsi e fanno respirare un’aria più salutare. Ma questi entusiasmi meritano un rinnovato impegno della Buona Politica e della buona amministrazione perché il rinnovamento non si arresti quando gli entusiasmi si attenuano, perché non si può pensare che il cambiamento si realizzi senza un progetto organico di gestione del Bene Comune. Guardo con profonda stima al movimento delle Sardine e certamente parteciperò alle pacifiche ed appassionate manifestazioni che si organizzeranno nella mia città. Ma come attivista di un movimento politico che si candida all’amministrazione della mia città, per dovere etico e di coscienza, mi guarderò bene dalle ansie di “mettere il cappello” su questo nuovo fenomeno carico di potenzialità.

L’attivismo politico in un movimento o in un partito non dovrebbe assolutamente correre il rischio di strumentalizzare queste iniziative spontanee e le legittime aspirazioni di questi giovani. Anzi, diffido molto di chi si sta facendo prendere dalla tentazione di cavalcare questa onda. Il nostro ruolo è un altro. Partecipare è fondamentale ma noi abbiamo il dovere di impegnarci perché le istituzioni comincino a costruire azioni politiche improntate alla giustizia, alla solidarietà, alla costruzione di un presente e di un futuro dignitoso per non deludere le legittime aspettative di questi giovani (V.S.).

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La forza del movimento delle sardine sta certamente sia in chi gli dà corpo sia nel modo in cui questo corpo politico si mette in moto. Si dice giustamente che la piazza non vuole stare sotto insegne politiche. E altrettanto giustamente si ricorda a proposito dei movimenti del ‘68 che anche il personale era e resta politico. In questo caso si può forse dire che il plateale è politico: la plătĕa è il cortile ampio, la via larga, un’area libera da muri e steccati. Plateale come il gesto dei manifestanti, nella sua enormità numerica, una resistenza che nasce dal non cedere alla tentazione della solitudine.
Ed è questo carattere r-esistenziale la seconda ragione di forza delle sardine. Un movimento violento avrebbe opposto forza a forza, finendo per esacerbare il clima brutale del paese. Le piazze piene di sardine non sono né indignate né risentite né inclini al vaffanculo. Sono piazze in cui, come nella strategia cinese, il concavo vince il convesso. Si può vincere anche senza insegne, anche sventolando bandiere bianche con il disegno infantile di un pesce.
Mostrando la nostra inermità di sardine, facciamo di certo più paura ai pesci grandi e grossi. Perché il fascismo ha paura più più che mai delle donne e degli uomini miti.
Il muro ha paura più che mai dei fiori che crescono tra le sue crepe (F.D.P.).

 

Valentino Scordino e Fabio Domenico Palumbo – Collettivo La Strada.

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